Olea europaea L., ssp sativa, l’olivo, apparentemente la pianta mediterranea per eccellenza, sia per la sua vasta diffusione su tutto il territorio ( la definizione di regione dell’olivo, che indica una precisa regione climatica, è divenuta praticamente sinonimo di “area mediterranea”),  sia per una così radicata presenza culturale da sembrare ancestrale, e invece proveniente dall’Asia sud occidentale, tra l’Armenia e le sorgenti dell’indo dove era coltivata in tempi remoti dalle popolazioni semitiche dalle quali fu introdotto nel bacino mediterraneo.
Come per altri alberi da frutto, l’olivo che noi conosciamo rappresenta la lenta evoluzione di una pianta selvatica ( l’olivastro, tuttora diffusissimo nella macchia mediterranea) sparsa su un vastissimo areale, coltivata e trasformata assiduamente per potenziarne la fruttificazione.
Erodoto (Historiae, I,193) dice che a Babilonia non crescevano alberi di olivo e che le popolazioni si servivano di olio di sesamo, il che indica che nella zona mesopotamica fino a tempi ancora recenti l’olivo non era stato ancora introdotto.
Noto agli antichi Egizi che ne coltivavano le piante e alle popolazioni semitiche installatesi in Asia in Asia minore, esso comparve all’inizio probabilmente su quel versante mediterraneo, ma si diffuse nel bacino solo molto più tardi.
L’olio di oliva era infatti in tempi omerici ancora poco comune nel mondo greco, poiché tutti i riferimenti letterari che se ne hanno lo associano all’uso prezioso di unguento per i corpi e di cosmetico; citazioni più larghe riguardanti l’olivo contenute nell’Odissea sono infatti inserite in brani di più tarda concezione come il passo del letto di Ulisse. A quell’epoca (X- IX° secolo a.C.) esso era probabilmente un prodotto prevalentemente di importazione in quanto tra le scene rurali descritte sullo scudo di Achille, tra le tante coltivazioni non compare quella dell’olivo.
In effetti ciò viene corroborato da un passo di Erodoto nel quale afferma che fino a un tempo non molto precedente (siamo nel V secolo a.C.) “non c’era un altro albero di ulivo nel mondo cioè in Grecia eccetto quelli di Atene”.
L’introduzione dell’olivo nel mondo greco avvenne dall’oriente, probabilmente attraverso le isole dell’Egeo: Eschilo ( 525-456 a.C.) chiama Samos l’isola delle olive, a indicare una antica tipicità.
Solone nel VI secolo a.C. promulgò le leggi relative alla coltivazione dei fichi e delle olive e a quel tempo l’albero doveva già ampiamente essere diffuso in Grecia.
L’introduzione dell’olivo in Italia avvenne attraverso le colonie della Magna Grecia e forse parallelamente attraverso quelle fenice in Sicilia. Plinio (XV,1) ricorda che secondo lo storico Fenestella ai tempi di Tarquinio Prisco (581 a.C.) esso era del tutto sconosciuto in Italia Spagna e Africa. A partire dalla sua diffusione in Italia i romani lo diffusero in tutto il bacino del Mediterraneo.
L’aspetto simbolico dell’olivo fu molto presente presso gli antichi: nell’Antico Testamento esso è un simbolo di pace (la colomba che ne porta un ramoscello a Noé).
Nella mitologia greca è legato ad Atena: essa ne fece dono alla città di Atene dove esso era considerato un albero sacro.Nella gara per assicurarsi il patrocinio sull’Attica vinse la gara contro Posidone che a sua volta aveva offerto in regalo una nuova straordinaria creatura, il cavallo.